Impara a gestire i fallimenti

Impara a gestire i fallimenti



In questo articolo parliamo di:

Se lo dice Terminator…

C’è uno speech motivazionale fatto da Arnold Schwarzenegger, durante l’evento Power Weekend di Monaco, che mi ha colpito più di ogni altra orazione dell’attore. Noto anche come il discorso Sleep Faster, questo speech contiene perle molto utili e infatti mi capiterà spesso di citarne i contenuti. Fra le altre cose, Schwarzenegger parla del fallimento. “Non abbiate paura del fallimento” egli dice alla platea. “Non c’è nulla di sbagliato nel fallire. Devi fallire per poter salire la scala”.

La cosa bella è che non si tratta di uno di quei discorsi paternalistici fatti dal vip di turno, baciato dal successo. Schwarzenegger rende molto efficace questo messaggio perché cita i suoi personali fallimenti. Ha citato le gare che ha perso, gli inciampi politici, i film che hanno floppato. Eppure, non c’è uno, nemmeno uno di questi fallimenti che lo abbia distrutto, giusto? Lui è ancora in cima.

Fallire è normalissimo. E se a dircelo è l’indistruttibile Terminator, beh, direi che possiamo crederci.

La difficile presa di coscienza del fallimento

L’esempio di Schwarzenegger è giusto anche perché ci mostra una verità eclatante e stimolante. Tutti falliamo. Allora come mai alcuni hanno la vita inesorabilmente rovinata dai loro fallimenti mentre altri no? Certo, c’è fallimento e fallimento. Ci sono ostacoli e ostacoli. Ma la chiave non è tanto fallire o non fallire. La chiave è: come reagisco al fallimento?

Lo speech del noto attore austriaco mira a forgiare futuri vincitori, future persone di successo e soddisfatte. Spesso chi non è nessuna di queste cose - vincitore, di successo o soddisfatto - deve incolpare la propria incapacità di reagire al fallimento.

Fallire succede a tutti, ma digerire la cosa non è facile. Fallire vuol dire guardarsi allo specchio, ammettere un monte di lacune, sbagli e responsabilità. Spesso cediamo però alla via semplice, alla via della codardia e dell’immaturità e non siamo in grado di fare questa presa di coscienza.

Lo psichiatra e docente Abraham J. Twerski - che forse conoscerai per il video virale sullo stress dell’aragosta - dice in uno dei suoi libri: “Accettare la responsabilità dei propri insuccessi è sempre difficile; per questo di solito cerchiamo una scappatoia o ce la prendiamo con qualcun altro. Quando è necessario trovare un responsabile si tende a non considerare le regole della logica. Siamo capaci di addossare la colpa sulla schiena di qualcuno che non era per niente coinvolto negli eventi”.

Proprio basandomi sui discorsi motivazionali di Schwarzy e sulle teorie di Twerski, ho preparato per te un prontuario per aiutarti a gestire i fallimenti sin da quando si presentano.

Ecco come gestire il fallimento

  1. Non accusare gli altri dei tuo insuccessi. Questa, come dicevamo, è la strada più facile e anche più vile. Accusare altre persone o fattori esterni ci impedisce di ammettere le nostre lacune. Quante volte, tornando da scuola con un brutto voto, abbiamo detto che era colpa del professore? “Ce l’ha con me!” “Tutta la classe ha una media come la mia!” e via dicendo. Fare questo ci impediva di ragionare su dove avessimo sbagliato noi. Avremmo potuto studiare di più? Ripassare invece di oziare? Stare attenti in classe?
  2. Valuta i tuoi sforzi. Dare la colpa a tutto quello che ci circonda ci sembra la via più serena. La via che ci fa stare bene. Possiamo dire che c’è un complotto contro di noi, o che gli altri sono tutti stupidi. Questo sì ci farà stare meglio. Ma solo momentaneamente. Il sollievo sarà solo temporaneo. Ma in realtà, ogni volta che fai così sappi che ti stai facendo un gran male. Perché ti stai impedendo di crescere. Non crescerai finché non imparerai cosa avresti potuto fare meglio tu. Non salirai mai quella famosa scala. Quando sei di fronte a un insuccesso, parla con te stesso. In silenzio, da solo o da sola. Ignora rimproveri esterni. Parti da te. Chiediti cosa hai fatto e cosa avresti potuto fare meglio. Le risposte che ti darai saranno in grado di farti evolvere.
  3. Rivedi i tuoi goal. Non è detto che un fallimento equivalga a una nostra lacuna o incapacità. Spesso a essere sbagliato è il goal che ci siamo posti! Quando lavori ai progetti della tua vita - ambizioni di carriera, desideri di monetizzare una tua passione - devi pensare a te stesso come un’azienda. Sei tu la tua azienda. E quando le aziende si danno degli obiettivi lo fanno in maniera S.M.A.R.T. No, non vuol dire che lo fanno in maniera intelligente (o meglio, anche) ma proprio che seguono l’acronimo S-M-A-R-T che indica obiettivi che siano: specifici, misurabili, raggiungibili, realistici e che abbiano una scadenza nel tempo. Quindi domandati: ho fallito perché sono una frana o magari il mio goal non era ben pensato? Perché se il tuo goal era “preparerò l’esame per quell’attestato utile al mio CV studiando mezza giornata” e poi sei stato bocciato, beh, allora il problema era il goal iniziale. Non era achievable per niente!
  4. Perdonati. Questo è il quarto punto ma è uno dei più importanti a livello di benessere interiore. Ti sto chiedendo di fare molta auto-analisi, di riconoscerti molte colpe. Ma questo non vuol dire che tu debba crocifiggerti, autocommiserarti, odiarti. Se sei una persona che non incolpa gli altri ma incolpa fin troppo se stessa allora… stai sbagliando comunque. Sbagliare è insito nel percorso di maturazione. Nella strada verso la vetta. Sempre Schwarzenegger, nel suo discorso, cita l’esempio di Michael Jordan: per essere un campione di quel livello, lo sai quanti tiri ha lanciato e sbagliato? Se tu ti crocifiggi per gli errori ti impedisci di andare avanti. Spendi molte energie emotive per essere giù di morale, invece di usare la razionalità. Passi tempo a criticarti invece di spiegarti dove hai sbagliato e come escogitare quelle che Twerski chiama le “debite contromisure”, utili a non sbagliare di nuovo
  5. Pensa a rialzarti. Ok, hai avuto un insuccesso. Hai analizzato le tue azioni, rivisto i tuoi obiettivi. Ora cosa devi fare? Semplice. Prenderti del tempo per te ma poi rialzarti. Tutti falliamo, lo dicevamo nell’incipit. Ma la differenza fra chi vince e chi perde è solo nella reazione. Schwarzenegger dice: “fallisci e rialzati! Fallisci e rialzati!”. Questo fanno i vincenti. L’unica cosa non giusta nel fallire è “rimanere al tappeto”. Questo è quello che fanno i perdenti.

Consiglio pratico: “Ho fallito perché…”

Il consiglio pratico che ho in mente per te mescola le teorie di Twerski e un po’ di sano journaling. Quando sei di fronte a un insuccesso, prendi carta e penna e metti per iscritto i motivi del tuo fallimento. Scrivi diverse volte la frase “ho fallito perché…” e completala ogni volta senza mai dare la colpa a un fattore esterno. Se sei un pugile e hai perso un match, puoi analizzare i colpi che hai preso per la guardia abbassata, non quanto sciocco fosse l’arbitro o quanto fosse favorito lo sfidante rispetto a te. Se sei un alunno, come dicevano, non devi dare la colpa al professore e così via. In fondo Twerski ci dice che “il posto migliore dove cominciare a cercare la causa del fallimento sei proprio tu”.

Questo esercizio ti sembrerà un ennesimo strumento di crocifissione. Non solo ho fallito, ma devo anche mettere per iscritto quanto schifo ho fatto?

In realtà non è così. Mettendo tutto per iscritto la tua mente sarà più serena e vedrai meglio gli eventi. Arriverai persino a domandarti: “aspetta, ma in fondo è stato davvero un fallimento totale come pensavo? O magari… no?”

Magari arriverai a dirti: “sì è vero, ho perso un match, ma a pensarci bene me la sono giocata alla grande, ho fatto quasi tutto giusto. C’erano i miei amici a tifarmi, e la cena a fine riunione è stata strepitosa, un ricordo che non cancellerò mai. In fondo, quel dannato pomeriggio non è stato un insuccesso. Ma un’esperienza. Cui devo essere grato”.

“E poi, ehi, ho perso ai punti mica per KO. Tutte le volte che sono andato al tappeto poi mi sono tirato su!”

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Danilo Lapegna

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